lunedì 16 gennaio 2012

Adrienne Rich


LETTERE A UNA GIOVANE POETA


1.

La foto non ti renderà giustizia
i formicai umidi e gibbuti t’impediranno di puntare
la lente sulla palude

i cinque cigni che sorvolano stridendo
distraggono la tua sete di definizione
e fuga


2.

lascia che tiri la tua vestaglia gelida e che
ti dica una parola: Ineluttabile

intendendo che a questo non sfuggirai:
la peggiore delle nuove nuove

la storia corre avanti e indietro
nel labirinto panico

io non ti toccherò di nuovo:
tua la scelta se congelare o meno

voglio dire, tu ed io siamo chiusi
in un laboratorio senza scienza

3.

T’allieterebbe pensare
che la poesia sia pura e possa come niente

prendere posto sotto bagliori di lampi
o coltri di nebbia vivere la propria vita

sgridata, zittita
da un lacerto di viscere che gronda nomi

compositori visitano Terezin, registi Sarajevo
Cabrini-Green o Edenwald Houses

    ineluttabile

se una donna intensa quanto un qualunque artista, né più né meno
può gettarsi in un qualunque giorno giù dal quattordicesimo piano

ti solleverebbe sostenere la poesia
con questo non ha a che fare?

4.

rivolta gli orli della tua distrazione
il suo rovescio sottomarino striato

dal flusso distruttivo del dolore
che erode e risucchia, tira e molla

avanti e indietro, un ordito di grotte, l’embrione della tua paura
che scalcia nel loro viscido lussureggiare protetto
dalla serra d’acqua

cercando, nella distrazione, di radicarsi saldamente
cercando di contrastare la corrente
di questo assurdo ripetersi

Guarda: con tutta la mia paura io sono qui
con te, a provare cosa comporta stare; cosa comporta andare

5.

Arenata. Barca a remi, piroga, presa
tra la più bassa e la più alta delle maree primaverili. Arenata. Avvenuta,
in stallo, arretrata, sí, essere generata
essere – l’infernale passivo
essere – come in Siedi, Stai, Sdraiati, Obbedisci.
Il desiderio terribile del cane che gli prende il cervello
e lo depone ai piedi calzati di stivali.

Tu puoi essere così per sempre – essere
come senza muoverti.

6.

Ma ecco come io, tuttavia, ne emergo:
spingendo in su da sotto
il capo avvolto in una sciarpa a scacchi
un casco con la torcia sulla fronte
spingendo fuori dal magma
questa faccia velata questa testa illuminata
che affronta il filtrare della morte
la bocca che ha nuotato tra i detriti
pronunciando con chiarezza
Ciao e addio


Tuttavia, chi vuole sapere
di questa bocca pallida, questo
rossetto cremisi Chi
delle mie corde vocali da travestito del mio amaro ritmare
l’occhiata in tralice che oltre la spalla getto
alle grandiose strofe e antistrofe
il mio canto, il mio ululato, i sacri resti delle mie unghie,
dei capelli, la mia dissenteria, la mia scandalosa gola allegra

la colonia penale del mio davanzale senza uccelli
la mia faccia giù in centro in film di Saffo ed Artaud?

Tutti.    Per poco

7.

Non è il déjà vu che uccide
è la preveggenza
la testa che parla dal cratere

Volevo andare dove
il cervello non fosse andato ancora
non volevo starci
così sola

(1997)


traduzione di Stefania Portaccio

da La guida nel labirinto, a cura di Maria Luisa Vezzali, Crocetti, 2011

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